Stephanie Gengotti

Circus love - chapter 1
The Brunette Bros.
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Il Circo.
Non si può immaginare qualcosa di più anacronistico.
Giusto un retaggio di un millennio passato, tenuto in vita in micro cosmi fuori dalla realtà, dentro piccoli stati dell’Europa, per diletto e nostalgia di epoche ormai sepolte tra le pagine rovinate di logori libri di storia.
Il Circo così sorpassato, eppure così perfetto come simbolo di un mondo senza più frontiere, globalizzato, multietnico, una ruota che gira e cigola in modo perenne, senza sosta e senza riposo.
Il Circo con le sue allegrie e le sue disperazioni, metafora della vita .
Le vite degli Artisti, gli amori, le vittorie e i trionfi, le sconfitte e le umiliazioni.
Nomade è l’amore per sua intima natura, segue rotte diagonali oppure circolari; come i cicli delle stagioni che per secoli hanno scandito e regolato l’esistenza e il cammino degli Uomini sulla Terra.
Il Circo, simbolo di libertà e schiavitù.
La libertà di non obbedire a padroni, né a confini. La schiavitù di andare sempre avanti, con la pioggia quando magari è inverno e l’acqua invade il caravan o sotto il sole quando avvampa l’estate e sulle strade polverose non trovi un po’ d’ombra nemmeno a barattarla con il tuo ultimo respiro.
Lavori per te stesso e per la tua ‘famiglia’, i tuoi compagni di avventura.
Perché il circo non è solo arte e creatività, ma anche pazienza, preparazione, allenamento fisico e lavoro manuale. Studio, progettazione, sangue e sudore. Ore per ideare un nuovo show, giorni lunghissimi di prove estenuanti. E magari qualche volta pochi spiccioli in tasca e poco cibo in dispensa e allora il tuo palcoscenico può essere il parcheggio di un supermarket.
Il suo più grande pregio coincide con il suo limite più grande.
L’impossibilità di un approdo definitivo, un eterno scorrere alla ricerca di qualcosa che forse esiste.
O forse no. Sogni una casa e un pizzico di stabilità? Invece, sei ancora nella tua roulotte e sotto il tendone, o all’aperto davanti ad un selezionato pubblico di 60 persone, perché questo spettacolo non è per tutti.
E’ riservato a coloro che sanno e vogliono attraversare dimensioni fantastiche, sulle tracce di grandi ispiratori del passato, personaggi in carne e ossa o nati dalla fantasia, come Buster Keaton, Betty Boop e Bozo il clown; perché anche nelle opere di Shakespeare il giullare sembra il più strampalato, ma è l’unico che di fronte al Re tutto vede e tutto può dire, perfino la Verità.
Come la vita, riserva sempre nuove sorprese a chi sa guardare, a chi sa sorprendersi.
Il Brunette Bros Circus, il “più grande e il secondo più piccolo del pianeta”, è la conferma che l’Umanità del III millennio, dove tutto è iper tecnologico e connesso, ha ancora e sempre bisogno di connessioni empatiche: parole, occhi che si guardano, persone che non solo comunicano, ma esprimono emozioni e pensieri, corpi che si sfiorano, si toccano, entrano in relazione.
Come ha scritto il romanziere italiano Fabio Stassi nel romanzo ‘L’ultimo ballo di Charlot’: solo nel disordine chiamato Amore, ogni acrobazia è possibile.
Noi tutti siamo funamboli in precario equilibrio su un filo sottile e quasi impercettibile.
Puoi farti un’istruzione per corrispondenza, come i bambini che crescono in questa compagnia delle Arti, ma la Vita la imparerai solo e sempre in viaggio, su strade di mille colori, consumando le tue scarpe all’inseguimento di sogni e meraviglie.

 

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